Onorevoli Colleghi! - Nel 1997 l'allora Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica aveva sottoscritto un protocollo di intesa con l'università di Bologna e, successivamente, in data 14 luglio 1999, un accordo di programma, avente per oggetto l'attivazione di un processo di graduale separazione organica delle sedi decentrate di Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini, mediante il decongestionamento e la riarticolazione territoriale dell'università degli studi di Bologna (articolo 2, comma 1, del decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 30 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 1998, e articolo 3 del decreto del medesimo Ministro 16 luglio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 1999).
      Tale processo era dettato dalla necessità di «decongestionare l'Ateneo bolognese», così come rilevato anche dall'Osservatorio per la valutazione del sistema universitario.
      Orbene, le citate disposizioni ministeriali che prevedevano lo scorporo di taluni corsi di laurea e di diploma (e la loro conseguente soppressione nelle relative facoltà, istituite nella sede di Bologna) non hanno ancora avuto attuazione, tant'è che in Romagna esistono le sedi decentrate dell'università di Bologna, la cui organizzazione didattica risulta precaria per due motivi:

          1) il 75 per cento del corpo docenti proviene da Bologna e non ha un contatto diretto con il territorio, inoltre sulle effettive ore lavorative (lezioni, esami e ricevimento degli studenti) dei docenti non vi sarebbe un controllo di tipo «fiscale», tanto da registrare talvolta un certo assenteismo da parte di questi ultimi;

          2) tra docenti e studenti si sarebbe determinata una certa «complicità», dovuta alla «facilità» con cui i discenti riescono ad ottenere voti alti. Paradossalmente, le altissime percentuali di laureati

 

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con un punteggio di 110 sono indice di un pericoloso decadimento morale, etico e culturale.

      Le università italiane sono ormai diventate meta di «immigrazione culturale» da parte di studenti stranieri che vogliono venire a completare i propri studi in un Paese che da millenni è considerato come una «culla della civiltà». Le richieste avanzate dai singoli atenei per l'accoglienza di studenti stranieri per l'anno accademico 2006-2007 si aggirano addirittura sulle 40.300 unità!
      Ogni ateneo deve essere, quindi, in grado di mantenere e tramandare all'estero il relativo prestigio formativo e culturale.
      Alla luce della situazione esposta, le menzionate sedi universitarie decentrate della Romagna rischiano di non poter competere con le altre università italiane per offerta formativa, organizzazione didattica e principalmente prestigio culturale.
      La presente proposta di legge intende trasformare le sedi decentrate di Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini, attualmente «mere appendici» della prestigiosa università di Bologna, in un'università di «serie A», onde consentire all'istituenda università degli studi della Romagna di autogovernarsi e determinare politiche indipendenti atte a migliorare il rapporto tra docenti e discenti e tra offerta formativa e offerta lavorativa territoriale privata e pubblica.

 

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